Il castello dei destini ermetici

3 Marzo 2015 Lascia un commento »

Roberto Nistri

       In una sequenza del film Django unchained  di Quentin Tarantino, uno schiavista del Mississippi faceva sbranare dai suoi cani un negro che aveva denominato D’Artagnan. Un bounty killer commentava che Alessandro Dumas non avrebbe certamente tollerato una simile nefandezza: discendeva anche lui da una schiava dei Caraibi. Suo padre era un autentico “vendicatore nero”, il protagonista in carne ed ossa del grande romanzo Il Conte di Montecristo. Poche battute di un Tarantino “doc” indicano  la pista di un cavaliere senza macchia e senza paura,  che doveva finire i suoi giorni nella città bimare, come l’altro generale  napoleonico, il ben noto Laclos. Ormai è acclarato che  il padre di Alexandre Dumas fosse il “vero” Conte di Montecristo, nato ad Haiti nel 1762,  figlio del marchese Davy de la Paletterie  e di una schiava registrata come Dumas.

Antoine Alexandre venne dal padre condotto a Parigi, distinguendosi per la prepotente bellezza e per la sua abilità di spadaccino.  Nel fatidico Ottantanove   entrava nell’esercito come sergente, mentre a Santo Domingo gli schiavi venivano affrancati dalle catene.  Il giacobino si spogliava dei titoli nobiliari, cambiava il nome in Alex Dumas e sposava la figlia di un albergatore.

Per meriti militari diventava colonnello e poi generale, nella campagna in Italia. La sua crescente popolarità faceva ombra allo stesso Napoleone, malamente sconfitto  da Nelson sul Nilo. Il vascello che doveva riportare in patria il generale Dumas, naufragava e il condottiero  (forse accompagnato dalla sua ombra : il filosofo Dolomieu)  veniva catturato dai feroci  sanfedisti che avevano consegnato il sud Italia ai Borbone. Dumas finiva scaraventato in una segreta e abbandonato da Napoleone al suo triste destino: doveva morire di stenti.

La Francia non avrebbe mai più avuto un generale nero. In suo onore venne eretta una statua in Place Malherbes, distrutta dai razzisti nella Francia hitlerizzata. Lo studioso Tom Reiss  ha studiato nei dettagli tutta la vicenda del conte, The Black Count, della quale si è occupato anche Enrico Deaglio (“il venerdì, 8 marzo 2013).  Non è luogo per discutere tutta la tradizione esoterico-massonica attorno al romanzo (vedi Clara Miccinelli e Carlo Animato (Mediterranee).

Per quanto ci riguarda, il Castello aragonese di Taranto, un immenso libro di pietra, grazie all’Ammiraglio Ricci , il “ Maestro delle chiavi”,  e alle cure di devoti ed esperti “volontari”, è diventato il sito più visitato in Puglia dopo Castel del Monte e potrebbe ben rivaleggiare con Les Chateau d’if  in Francia. In un recente articolo il giornalista Tonio Attino ha ricostruito brillantemente le peripezie del generale nel suo labirinto, fino alla triste morte per cancro o forse avvelenamento. In una città sempre a caccia di falsi storici e di genealogie farlocche, sarebbe meglio riaprire lo scrigno delle nostre grandi storie cittadine, magari recando  un fiore in una cella di 5 metri per 10, con una moneta francese conficcata nella fessura di un muro. Con una finestrella sul canale navigabile, che permette allo sguardo di inseguire ancora il fantasma della libertà.

 

Il “Corriere del Mezzogiorno”, 25 febbraio 2015.

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