Lo scorso 14 marzo, si è svolta la cerimonia di donazione del Fondo libri Roberto Traversa alla Biblioteca di Statte. Hanno preso la parola il Direttore della Biblioteca Mario Pennuzzi, il Sindaco Angelo Miccoli, il giornalista Giuseppe Mennella e il Presidente ANPI Taranto Giovanni Battafarano. Erano presenti molti amici e compagni di Roberto, molti ex colleghi e studenti
Penso che il modo migliore di ricordare Roberto Traversa sia quello di ricostruire la sua esperienza politica nell’ambito di quella formidabile stagione tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Novanta, quando la nostra generazione si formò ed ebbe responsabilità politiche, sindacali e amministrative. Verso la fine degli Anni Sessanta, fondammo a Taranto il sindacato scuola CGIL, di cui Roberto fu il primo segretario provinciale. C’erano anche Ernesto Grassi, Nino Palma, Nico Indellicati, Giulio Liuzzi, i fratelli Anzoino, Carmenio Acquasanta, Carmelo Termite, Anna Maria Di Palma, Grazia Gargiulo, Giulio Mairo e tanti altri. Per la prima volta nasceva all’interno della scuola un sindacato confederale, che doveva misurarsi sia con i sindacati autonomi presenti da tempo sulla scena scolastica sia con le posizioni più radicali frutto del Sessantotto e della contestazione studentesca. La CGIL scuola mise subito le radici e divenne interlocutore decisivo degli insegnanti e del personale non docente. E’ il periodo in cui si realizzano le 150 ore per i lavoratori, in cui gli insegnanti cominciano a confrontarsi con i lavoratori di altre categorie e devono al contempo misurarsi con le occupazioni studentesche. Traversa si rivelò un leader preparato e capace di organizzare il gioco di squadra.
Dopo alcuni anni, preparata adeguatamente la sostituzione, Roberto ritornò in politica. Dopo una prima esperienza nel PSI, attraverso l’esperienza del Movimento Socialista Autonomo, confluì nel PCI ionico, dove ci ritrovammo con tanti dei fondatori della CGIL scuola. Roberto diresse per lungo tempo il periodico “Taranto oggi, domani”, vivace organo di confronto e di battaglia politica. Quel decennio Settanta fu ricco di successi per la sinistra: dal referendum sul divorzio alla vittoria delle elezioni amministrative e regionali del 1975 alle politiche del 1976. Sull’onda di quei successi, fu possibile varare la Giunta di sinistra al Comune di Taranto, grazie alla crisi evidente del centro sinistra dell’epoca e alla sapiente conduzione dell’operazione da parte del gruppo dirigente del Pci ionico, a partire da Giuseppe Cannata e Roberto Traversa. In quella stagione, Roberto ebbe ruoli di primo piano: capogruppo, poi assessore agli Affari generali e al Personale. Se riconsideriamo quella stagione, abbiamo in mente una forte sinistra, un forte ed unito movimento sindacale; l’una e l’altro profondamente radicati nella classe operaia dell’Italsider e dell’intera area industriale. Taranto allora aveva un’identità forte: era una delle più importanti città industriali del Mezzogiorno, nel complesso orgogliosa di essere tale. Era considerata un modello riuscito di industrializzazione dall’alto, era meta di visitatori illustri: capi di stato e di governo, ministri e capitani di industria, studiosi e politici, fino alla visita di Paolo VI nel 1968. La Giunta di sinistra poteva vantare un bilancio ragguardevole di realizzazioni e di servizi efficienti; di consensi e di capacità di guidare il movimento per lo sviluppo. Eppure, non mancavano insoddisfazioni e critiche, a riprova dell’elevata coscienza politica di quella stagione. Il Partito era forte, aumentava gli iscritti ed organizzava affollate feste dell’Unità nella Villa Peripato.
Tuttavia, nel corso di alcuni anni, quel modello era destinato ad andare in crisi. Da un lato, la fine della politica di solidarietà nazionale privava la Giunta di una preziosa copertura e spingeva verso l’omologazione del pentapartito a livello locale. Dall’altro, l’industria siderurgica cominciava a mostrare il suo volto meno convincente: l’inquinamento ambientale cresceva, gli infortuni sul lavoro lasciavano una lunga scia di sangue operaio. Non che mancasse una coscienza ambientalista, testimoniata da almeno due episodi. L a Giunta di sinistra bloccò con intelligenza e decisione il progetto di realizzare una Centrale a carbone direttamente sul Porto, progetto caldeggiato dal Governo nazionale e da quello regionale di pentapartito; come qualche tempo dopo impedì l’idea sciagurata dell’Aeronautica di realizzare un serbatoio di carburante a Mar Piccolo. Tuttavia, mancò nel nostro gruppo dirigente, come delle altre forze politiche, la consapevolezza piena che, se Taranto voleva rimanere una città industriale, doveva pretendere da prima una profonda trasformazione dello stabilimento in senso ecocompatibile. Questa consapevolezza verrà solo in seguito, quando però la città era ormai divisa profondamente sul binomio salute-lavoro.
Un altro limite nostro è stato l’incapacità di fronteggiare il citismo: un impasto originale di destra fascista, uso disinvolto della TV di proprietà, consenso popolare diffuso. In quel momento, la sinistra perdeva il contatto con diffusi strati popolari e si vedeva isolata a combattere un fenomeno populista, cui non mancava il sostegno, per pavidità o interesse, di larghi settori della DC e della borghesia tarantina.
Ho voluto introdurre questi spunti per una riflessione critica sull’operato della nostra generazione, che ha avuto i suoi meriti e i suoi limiti. Riflettendo sugli uni e gli altri, la nuova classe dirigente potrebbe trovare aiuto ad affrontare il difficile tornante della crisi che oggi avviluppa Taranto
A livello internazionale, poi, la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione sovietica aprivano una lunga e tormentata fase di trasformazione del Pci, cui doveva seguire qualche anno dopo l’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica.
Quanto a Roberto, dopo il 1990, lasciò la politica attiva, ritornò all’insegnamento, ma non abbandonò l’interesse per il bene pubblico, il gusto per l’analisi sottile, l’amore per le buone letture. Lo ricordo, insieme con tanti amici e compagni di quel tempo, come una persona di grande cultura e di specchiata moralità, che ha sempre operato in modo leale e disinteressato.
Giovanni Battafarano