Giovanni Battafarano Segretario Generale Associazione Lavoro&Welfare
Il dibattito sulla Delega lavoro ha finito inevitabilmente per concentrarsi sull’ennesimo intervento sull’art.18, modificato appena due anni fa dalla legge Fornero. Saggezza legislativa suggerirebbe di monitorare gli effetti della riforma prima di procedere ad una nuova modifica. I primi dati a disposizione ci dicono infatti che sono molto aumentati i casi di conciliazione tra le parti, a conferma che per questa parte la riforma funziona. La legge Fornero ha stabilito che, in caso di licenziamento illegittimo per motivi economici, il giudice può ordinare la reintegra o il risarcimento economico. In tal modo, la disciplina dei licenziamenti italiana ha finito con l’assomigliare molto a quella tedesca. Del resto, il modello tedesco è tornato di moda, proprio grazie alle parole del Presidente del Consiglio. Con la differenza che in Italia la reintegra parte con le aziende con più di quindici dipendenti; in Germania, nelle aziende con più di dieci dipendenti.
Nonostante la recente riforma, il Governo ha deciso una nuova modifica: prevista la reintegra contro i licenziamenti discriminatori o disciplinari, viene invece abolita la reintegra contro i licenziamenti illegittimi per motivi economici, per i quali si prevede solo l’indennizzo. Questa innovazione riguarderà solo i nuovi assunti e non i contratti già in essere. Sarà difficile gestire la mobilità da un’azienda all’altra perché il lavoratore a tempo indeterminato perderà, cambiando contratto, il diritto alla reintegra. Sarebbe saggio, invece, prevedere il diritto alla reintegra con il contratto a tutele crescenti dopo un periodo di prova anche lungo (fino a tre anni), al termine del quale il datore di lavoro ha tutti gli elementi per valutare appieno la qualità del lavoratore. In realtà la gran parte delle imprese oggi non chiede una nuova iniezione di flessibilità, ma una riduzione del costo del lavoro, come ha cominciato a fare il Governo Renzi con la riduzione del’IRAP del dieci per cento e con il successivo intervento previsto nella legge di stabilità. Sarebbe saggio proseguire su questa strada, più efficace economicamente e socialmente.
Ci sono altri aspetti positivi nella posizione del Governo: la volontà di semplificare le forme contrattuali, eliminando quelle più precarizzanti; la scelta di estendere le tutele fondamentali a tutte le lavoratrici e i lavoratori (maternità, infortunio, malattia), indipendentemente del contratto utilizzato; la decisione di stanziare 1,5 miliardi di euro per estendere gli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari (somma cospicua, che tuttavia potrebbe rivelarsi insufficiente); l’intento di collegare le politiche attive del lavoro con la concessione dei sussidi di disoccupazione attraverso l’Agenzia nazionale del lavoro. E’ anche positivo che Il Presidente del Consiglio abbia riaperto il confronto con le organizzazioni sindacali su taluni aspetti: il tema della rappresentanza e della rappresentatività sindacale, la contrattazione di secondo livello, l’introduzione del salario minimo laddove non esista un contratto nazionale di riferimento; oltre alla proposta di destinare parte del TFR alla busta paga dei lavoratori.
Naturalmente su tutta la riforma del mercato dl lavoro, occorrerà leggere attentamente il testo finale della Delega e specie i successivi Decreti delegati. Concludo, ci sarebbero le condizioni per una manovra positiva. Purtroppo l’eliminazione della reintegra nei casi di licenziamenti illegittimi per motivi economici apre una divisione lacerante, che mi pare dannosa sia sul piano economico sia su quello politico.