Italo Michele Battafarano.
Cantori e critici tedeschi della Grande Guerra
Battafarano, nato a Taranto nel 1946, ha studiato a Bari e Munster; Professore ordinario di lingua e letteratura tedesca dal 1980, ha insegnato Presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli e a Bari; dal 1985 è all’Università di Trento. Le sue ricerche hanno riguardato la letteratura tedesca dell’età moderna e contemporanea. I suoi ultimi lavori vertono sui rapporti fra italia e Germania negli ultimi cinque secoli, nell’ambito della letteratura ma anche dell’industria. Sfogliando le quasi 400 pagine dell ’Opus Magnum di Battafarano, siamo ritornati con la memoria elle esortazioni che, nel nostro immediato dopoguerra, Benedetto Croce rivolgeva accoratamente all’editore Laterza: è urgente la pubblicazione di libri “gravi”. Abbiamo posto le virgolette perché nel nostro contemporaneo paradigma culturale, dominato a tutti i livelli da uno storytelling minimalista e da una acculturazione d’intrattenimento, la parola grave alias pesante, potrebbe risultare offensiva o almeno perturbante nei confronti del lettore mignon. Eppure il richiamo di Croce sull’urgenza di un Risorgimento culturale per la Nuova Italia, un paese di orfani tentati dall’accomodante oblio del “Scurdammoce du’ passato”, rimane ancora oggi impegnativo. Non stiamo vivendo un dopoguerra, ma stiamo subendo dazed and confused un tormentato segmento di quella guerra che non è mai finita: la madre di tutte le guerre, che ci ha lasciato come imperitura eredità il luccicante filo spinato, l’emblema par excellence della inciviltà del recinto e della reclusione. Ci ritroviamo tutti appesi al filo spinato, come ragni nella rete. Era il 1994 quando Massimo Cacciari pubblicò il suo Geo-filosofia dell’Europa. Già si poteva fare il punto su una Europa giunta sulla soglia dell’unità politica ed economica, ma ancora in preda di forze centrifughe e mancante di una reale omogeneità culturale. La crisi della ragione europea rimaneva irrisolta. Già Nietzsche, alla fine dell’800, scriveva dell’Europa come una malata incurabile e Musil, che chiamava Kakania l’Impero asburgico, annunciava il giorno dei lupi “affamati”. “Rovina mondiale”, la chiamò Arthur Schnitzler già il primo giornodi guerra Viviamo dunque una crisi che viene da lontano: dall’ultima estate dell’Europa, Sarajevo 1914. Prigionieri di un eterno presente dobbiamo tornare a misurarci con la “totalità, se vogliamo evitare un suicidio ampiamente annunciato. Occorre un pensiero forte, capace di una comprensione globale (cum-prendere, tenere tutto assieme). L’opera massimalista di Battafarano si presenta come un ineludibile ricominciamento: spiegare il come e il perché e rimettere in circolo tutte quelle testimonianze e pulsioni, pro o contra bellum che ancora oggi abitano nell’immaginario collettivo. Opportunamente l’autore si rivolge al lettore italiano posizionando in copertina la foto di Cesare Battisti, suddito austriaco e martire italiano. Malgrado la invasiva presenza austroungarica nelle vicende italiche, ci sembra che la cultura di massa sia stata a lungo vincolata a stereotipi stucchevoli dell’Austria Felix, tutta valzer e operette, con l’infinito replay della saga frou frou della principessa Sissi. Una aura gioconda e spensierata, promossa dallo stesso imperatore, che Karl Kraus avrebbe definito la “giovialità sanguinaria del letamaio asburgico”. Una danse macabre: esemplare la impiccagione a Trento di Cesare Battisti, parlamentare socialista a Vienna, con lasciapassare per l’Italia, processato illegalmente. La fotografia del cadavere del patriota, col giulivo carnefice soddisfatto e sorridente, che teneva le “zampe” sulle spalle del giustiziato, come se fosse uno “scalpo “di bestia feroce, con gli astanti che sgomitavano per entrare nella cornice della fotocartolina, immediatamente diffusa presso il grande pubblico: era lì la festa. Kraus ricordava il precedente episodio dei martiri di Belfiore, con i parenti costretti a pagare il conto del boia. Kraus avrebbe anche ricordato la “satanica flatulenza” di un generale, mentre alcune donne rutene venivano impiccate e fotografate. Karl Kraus, autore della fluviale tragedia Gli ultimi giorni dell’umanità, con il suo giornale Die Fackel, avrebbe pagato in prima persona gli attacchi della censura e una serie di processi che lo avrebbero ridotto allo stremo, in barba ai giornalisti senza onore, gazzettieri prezzolati. Senza risparmiare l’Internazionale nera, con Benedetto XV che malediceva la guerra e benediceva le armi di tutte le diverse chiese nazionali. Quando l’imperatore incendiò il mondo, nella tragedia Kraus recitò fino alla fine la parte del nemico pubblico. Come controfigura sembra emergere il filosofo Max Scheler, con la sua Metafisica bellica per il popolo eletto . Comunque è difficile contestare che il primo colpevole sia stato Cecco Beppe, colui che diede fuoco al mondo nell’estate del 1914. Dopo di lui venne il germanico Guglielmo II a dargli man forte. Senza la firma dei tre imperatori, non ci sarebbe stata alcuna guerra. Dio ci ha chiamati a civilizzare il mondo. Noi siamo i missionari del progresso umano e il sale della terra. Guglielmo II, 1905. Michele Battafarano, nella pianificazione corale della sua enquiry, ha voluto connettere tutta la varietas delle figurazioni del tramonto della finis Austriae, fino al feroce saccheggio di Udine. Con tutta evidenza la figura di Karl Kraus ci appare come lo spirito guida che conduce l’autore verso le male bolge. Kraus attaccava duramente la scienza prostituita all’industria bellica e all’affarismo, con la sperimentazione stragista prima sugli animali poi sugli umani in trincea. Il Diavolo in Laboratorio era ben rappresentato dal brillante scienziato ebreo, il Satana dell’Iprite, il grande scienziato che aveva inventato l’ammoniaca, la cui moglie Clara, che aveva con lui condiviso il sogno di una chimica al servizio dell’umanità, si tolse la vita con un colpo di pistola, di fronte alla diffusione di 150 tonnellate di gas al cloro e al fluoro, nella città belga di Ypres. Nella monumentale opera di Kraus la guerra poteva essere solo rappresentata come un carnevale tragico, un mondo capovolto. Ancora Kraus: una apocalisse che, per orrore e crudeltà, annientò Dio e fece schifo persino a Satana. Opera vasta quella di Michele Battafarano, un’opera necessaria.
ROBERTO NISTRI