CUORE TEDESCO

4 Giugno 2014 Lascia un commento »

La campagna elettorale da poco conclusa ha registrato una diffusa ostilità contro la Germania e contro il suo cancelliere, Angela Merkel. Invece di prendere coscienza dei propri limiti e dei propri errori, diventa più facile individuare un comodo capro espiatorio, su cui riversare le responsabilità della grave crisi che oggi l’Europa attraversa. Opportunamente il Premier Renzi ha preso le distanze da tale andazzo, pur ribadendo l’esigenza di una svolta profonda nella politica europea, capace di riconnettersi con un Progetto, quello dell’Europa unita, che si conferma quanto mai attuale, alla luce dell’evolversi delle grandi economie dell’Occidente e dell’Oriente.

Evaporati i fumi della campagna elettorale, diventa utile discutere le tesi avanzate da Angelo Bolaffi nel suo “Cuore tedesco- Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea”, Donzelli editore, 2014. Bolaffi, qualificato germanista e già direttore dell’Istituto di cultura italiana di Berlino tra il 2007 e il 2011, è un convinto sostenitore del dialogo e della collaborazione tra Italia e Germania, nell’ambito naturale dell’Unione europea. La tesi di Bolaffi è che la Germania unificata in via pacifica nel 1990 è assolutamente incomparabile con quella che nella prima metà del Novecento, entrata in “dissidio spirituale con l’Europa” (Croce), provocò due guerre mondiali e la tragedia indelebile della Shoah(p.48). Leggere le vicende di oggi con gli occhiali del passato impedisce alle classi dirigenti di individuare la strada migliore per uscire dalla crisi e rilanciare il modello sociale europeo.

La Germania democratica ha fatto i conti con il nazismo molto più dell’Austria, dell’Italia con il fascismo o della Francia nei confronti del “petainismo”. Infatti, all’indomani della seconda guerra mondiale, la nascita della Germania federale avviene nel segno dell’Occidente, secondo un filone culturale che risale a Lessing, a Kant, all’ebraismo, all’emigrazione antinazista, a Cassirer, a Benjamin. La politica economica seguita nel dopoguerra non ‘ è quella del neoliberismo e dell’individualismo alla Hayek, semmai  quella del modello renano, l’economia sociale di mercato propugnata dall’Ordoliberalismo, secondo il quale il libero funzionamento del mercato richiede l’intervento dello Stato. Di qui il principio della Mitbestimmung, della codecisione che coinvolge i rappresentanti dei lavoratori nella gestione delle imprese.

Nel 1989, la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre offre –caso raro nella storia- una seconda chance ai tedeschi. Sconfitti e divisi nel 1945, i tedeschi recuperano l’unità nel 1990 e la utilizzano al meglio. Il divario tra Ovest ed Est si riduce, l’integrazione tra le due parti fa grandi passi in avanti e con le riforme Hartz del governo rossoverde Schroder , l’economia tedesca cessa di essere il grande malato d’Europa e ne diventa  la locomotiva. Queste riforme non puntano sulla precarietà del lavoro, quanto sulla sua mobilità interna e sulla formazione dei lavoratori.

Italia e Germania hanno conosciuto nel dopoguerra lunghe fasi collaborazione politica , economica e culturale. Si pensi all’intesa tra Adenauer e De Gasperi nella costruzione della CEE o a quella tra due uomini di sinistra come Brandt e Berlinguer a cavallo degli anni  Settanta e Ottanta. Tuttavia, con l’ascesa di Berlusconi al potere, comincia una fase di progressiva incomprensione e distacco, dannosa per i due Paesi, ma anche per l’Europa tutta, essendo Germania e Italia fondatori e sino a qualche tempo fa convintamente europeisti. Non si tratta tanto di battere i pugni sul tavolo o di propugnare un’alleanza dei Paesi dell’Europa del Sud con la Francia in funzione antitedesca quanto di cancellare finalmente il peccato originale : la nascita di una moneta -l’euro- senza sovrano, senza cioè l’autorità politica che ne giustifica la nascita e la persistenza. A questo punto, l’Europa deve coraggiosamente andare avanti, realizzare una più forte integrazione economica e politica. Quindi occorre chiedersi non cosa fare contro la Germania, ma cosa fare assieme alla Germania  e agli altri Paesi per cambiare l’Europa. In questo quadro, la presenza di una larga coalizione in Germania con CDU e SPD va nella giusta direzione. Occorre una  Costituzione economica dell’Europa, che, come previsto dal Trattato di Lisbona, ”si adoperi per uno sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”(p.254).

Si ritorna  a parlare  negli ultimi tempi  di Keynes.  Romano Prodi parla dell’opportunità per l’Europa di affidarsi a un “sano keynesismo”, Matteo Renzi ha fatto riferimento a “una grande politica keynesiana da 150 miliardi di investimenti”. Vi ha accennato anche il Governatore della Banca d’Italia nelle Considerazioni finali di qualche giorno fa. Riforma delle Istituzioni europee e riforma della politica economica dell’Europa sono quanto mai collegate e urgenti. Lo stimolante saggio di Angelo Bolaffi spiega che è possibile costruire questo fondamentale Progetto assieme alla Germania, non contro di essa.

                       Giovanni Battafarano

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