Archivio per ‘Comunicati Stampa’ categoria

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Didattica della Shoah all’ “Archita”

20 Ottobre 2014

di Roberto Nistri

Alla realizzazione del Memoriale che ricorda gli italiani morti ad Auschwitz, voluto dall’associazione degli ex deportati, parteciparono negli anni Settanta grandi nomi della cultura. Due di loro, Primo Levi e l’architetto Lodovico di Belgiojoso, nei lager nazisti erano stati prigionieri. Il memoriale era stato pensato per parlare al cuore più che alla testa: il visitatore camminava nella claustrofobica spirale di Belgiojoso, leggeva il testo di Primo Levi, ascoltava Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz di Luigi Nono e guardava le tele simboliste di Pupino Samonà. Purtroppo l’installazione, già chiusa dall’estate 2011, ora rischia anche lo smantellamento, grazie al disinteresse del governo Berlusconi e all’ottusa ostilità di Piotr Cywinski, direttore del museo sorto nel campo (1). Forse per alcuni politici Auschwitz è qualcosa che riguardi solo la Polonia. Invece di celebrare il Giorno della Memoria nella data simbolo del 27 gennaio, quando le avanguardie sovietiche liberarono il primo campo di sterminio dove erano stati uccisi un milione e mezzo di ebrei (una data del calendario civile europeo trasferita nel calendario nazionale) sarebbe stato più istruttivo per gli italiani ricordare il 16 ottobre 1943, il giorno della deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma con la complicità dei fascisti, una data nazionale. Così hanno fatto i francesi, dedicando  la giornata alla memoria di quel 16 luglio 1942, quando da Parigi vennero deportati 13.000  ebrei e ne tornarono solo 25 (basterebbe la durezza di  questi numeri, rigorosamente censiti, per mandare a ramengo le ciarle dei negazionisti). Senza ipotizzare omissioni malintenzionate, si conferma la perdurante superficialità e trascuratezza italica nei riguardi della “topografia sacra” della Shoah, considerando bastevole la rituale maratona televisiva del marketing memoriale .  Continua a leggere: Didattica della Shoah all’ “Archita”

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Il fascismo e le linee generali della Resistenza

13 Ottobre 2014

Il fascismo e le linee generali della Resistenza

                                                                          di Roberto Nistri

 

                                                                          Relazione tenuta nel corso di formazione

                                                                           a cura dell’A.N.P.I  Taranto 2014.

1) La parola magica

La parola “fascista” gode sempre di un eccellente piazzamento nella hit parade  dell’insultorio internazionale. Negli Stati Uniti , in ogni causa di divorzio, la moglie accusa immancabilmente il marito  di essere fascist. Il  bad boy del Bronx ingiuria facilmente come pig fascist il poliziotto che gli fruga  nelle mutande.  Oltre a “ciao”, il vocabolo italiano più conosciuto nel mondo è “fascismo”: un originale e moderno “brevetto” italico esportato ovunque, un  camaleontico fenomeno internazionale, fin dalle origini capace d’infettare gran parte d’Europa (Collotti 1989): Germania di Hitler, Spagna di Franco, Portogallo di Salazar, Francia di Vichy, Croazia di Ante Pavelic, et cetera. I politologi occidentali qualificano spesso gli estremisti islamici come fascisti e vengono a loro volta considerati come tali  in quanto imperialisti e razzisti. Nell’attuale scontro fra russi e ucraini, il logo è all’ordine del giorno. Nel febbraio 2014, un testo accademico è stato mandato al macero perchè colpito da una Fatwa degli induisti, subito bollati come “fascisti” dalla  grande scrittrice indiana Arundhati Roy. Continua a leggere: Il fascismo e le linee generali della Resistenza

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INAUGURAZIONE NUOVA SEDE ANPI TARANTO

12 Settembre 2014

 

INAUGURAZIONE NUOVA SEDE ANPI TARANTO PIAZZA BETTOLO

INTEVENGONO

GIOVANNI BATTAFARANO, PRESIDENTE ANPI TARANTO

LUCIANO GUERZONI, VICE PRESIDENTE VICARIO ANPI

Gli iscritti, i cittadini sono invitati a partecipare

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In ricordo di Enzo Monaco

3 Settembre 2014

Carissimi,
ho saputo della scomparsa di Enzo Monaco. Sono a Roma e non potrò partecipare ai funerali. Vi prego di porgere le mie sentite condoglianze ai familiari e agli amici, che lo hanno stimato e amato.
Con Enzo siamo cresciuti insieme. Eravamo giovani docenti di Lettere, quando ai primi anni Settanta fondammo a Taranto il Sindacato scuola CGIL, che dovette subito misurarsi con i forti sindacati corporativi insediati da tempo da tempo e con il radicalismo sessantottino.

La CGIL scuola crebbe subito e e si batté con vigore per il rinnovamento della scuola ionica.
Con Enzo avevamo in comune anche la passione politica a sinistra. Enzo fu un protagonista di una stagione importante della politica massafrese, al termine della quale preferì dedicarsi interamente all’insegnamento.. Dotato di grande cultura, di notevoli capacità comunicative, fu apprezzato docente e dirigente scolastico a Massafra e Martinafranca.
Negli ultimi anni, dopo la costituzione dell’ANPI a Massafra, egli è stato vicino alla nostra Associazione; ha partecipato a dibattiti e presentazioni di libri. La sua scomparsa lascia un vuoto nella vita culturale e sociale della comunità. Esprimo le sentite condoglianze mie personali e dell’ANPI Taranto ai familiari, agli amici, a quanti lo hanno stimato e amato.

Giovanni Battafarano Presidente ANPI Taranto

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Omaggio a Bruno Canova

1 Agosto 2014

GROTTAGLIE 12 agosto 2014 Serata- incontro in omaggio a BRUNO CANOVA
(Partigiano- Incisore- Pittore)  Bologna 1925- Lacco Ameno 2012

Bruno Canova è stata una delle più nobili espressioni di quella generazione di giovani italiani, che si batterono- tanti di loro persero la vita- per riscattare la libertà e l’onore dell’Italia. Grazie ai partigiani, a proposito dell’8 settembre oggi è possibile parlare non di “Morte della Patria”, ma di “Renovatio Patriae”, su basi libere, democratiche, repubblicane: l’Italia democratica fondata sul lavoro.

Militare durante la seconda guerra mondiale, Canova viene arrestato per aver tentato di organizzare un nucleo partigiano e deportato in un campo di concentramento nei Sudeti. Dopo la liberazione, valorizza la sua vena artistica, frequenta corsi di grafica e di pittura e diventa un artista affermato, partecipando a varie mostre individuali e collettive. Tra le sue tante opere ricordiamo almeno “L’arte della guerra”, una raccolta di tavole, dalla nascita del fascismo alle leggi razziali, alla Shoah, alla Liberazione. Lorenzo Canova, critico d’arte e figlio di Bruno, ha ben connotato la poetica del padre: “Testimoniare attraverso le arti visive una delle pagine più sconvolgenti della storia, prendendo a riguardo una posizione chiara. Un impegno etico, una responsabilità sociale. Bruno temeva che le generazioni future ne perdessero la memoria”. Perciò L’arte della guerra divenne una mostra itinerante che toccò oltre trenta città italiane.

Il cruccio di Bruno Canova era pienamente fondato. Nell’ultimo ventennio, la Resistenza è stata oggetto di revisionismo acritico. Si è tentato di mettere sullo stesso piano i partigiani e i repubblichini; di trasformare la Festa di Liberazione in Festa della Libertà; di spostare la Festa dal 25 aprile alla domenica successiva; di intitolare un aeroporto romagnolo a Benito Mussolini. Si è finanziato con 275 mila euro un monumento a Rodolfo Graziani, responsabile di stragi efferate in Etiopia e condannato come criminale di guerra da un Tribunale della Repubblica. Oggi possiamo dire che l’ondata revisionista è stata fermata. Ma non una volta per sempre. Ogni tanto spunta il mito del fascismo “buono”, rispetto al nazismo”cattivo”. Decisivo è perciò il rapporto con le giovani generazioni, cui Canova guardava con tanta attenzione. Egli avrebbe apprezzato la recente firma del Protocollo tra Ministero dell’Istruzione e ANPI, per la formazione degli studenti sui temi della Resistenza e della Costituzione.

Bruno Canova ha coltivato nella sua vita l’idea del giusto e l’idea del bello: l’idea del giusto nella sua esperienza di partigiano combattente, l’idea del bello nella sua esperienza di artista. Il bello non come evasione dalla realtà o fuga dal dolore dal mondo, ma come piena consapevolezza che il bello nasce come impegno ad affermare il giusto, come trasmissione di valori di libertà e di riscatto. Specie nei momenti di crisi, una comunità deve tener salde le sue radici. Le radici della Repubblica democratica sono nella Resistenza e nella Costituzione, che  Canova ha onorato con la lotta partigiana e la sua arte appassionata.

Giovanni Battafarano Presidente ANPI Taranto

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Report Tesseramento

6 Giugno 2014
Taranto 128
Massafra 80
Montemesola 14
Martinafranca 15
Statte  7
Totale 244
     Il prossimo Report Tesseramentp al 31 luglio
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CUORE TEDESCO

4 Giugno 2014

La campagna elettorale da poco conclusa ha registrato una diffusa ostilità contro la Germania e contro il suo cancelliere, Angela Merkel. Invece di prendere coscienza dei propri limiti e dei propri errori, diventa più facile individuare un comodo capro espiatorio, su cui riversare le responsabilità della grave crisi che oggi l’Europa attraversa. Opportunamente il Premier Renzi ha preso le distanze da tale andazzo, pur ribadendo l’esigenza di una svolta profonda nella politica europea, capace di riconnettersi con un Progetto, quello dell’Europa unita, che si conferma quanto mai attuale, alla luce dell’evolversi delle grandi economie dell’Occidente e dell’Oriente.

Evaporati i fumi della campagna elettorale, diventa utile discutere le tesi avanzate da Angelo Bolaffi nel suo “Cuore tedesco- Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea”, Donzelli editore, 2014. Bolaffi, qualificato germanista e già direttore dell’Istituto di cultura italiana di Berlino tra il 2007 e il 2011, è un convinto sostenitore del dialogo e della collaborazione tra Italia e Germania, nell’ambito naturale dell’Unione europea. La tesi di Bolaffi è che la Germania unificata in via pacifica nel 1990 è assolutamente incomparabile con quella che nella prima metà del Novecento, entrata in “dissidio spirituale con l’Europa” (Croce), provocò due guerre mondiali e la tragedia indelebile della Shoah(p.48). Leggere le vicende di oggi con gli occhiali del passato impedisce alle classi dirigenti di individuare la strada migliore per uscire dalla crisi e rilanciare il modello sociale europeo.

La Germania democratica ha fatto i conti con il nazismo molto più dell’Austria, dell’Italia con il fascismo o della Francia nei confronti del “petainismo”. Infatti, all’indomani della seconda guerra mondiale, la nascita della Germania federale avviene nel segno dell’Occidente, secondo un filone culturale che risale a Lessing, a Kant, all’ebraismo, all’emigrazione antinazista, a Cassirer, a Benjamin. La politica economica seguita nel dopoguerra non ‘ è quella del neoliberismo e dell’individualismo alla Hayek, semmai  quella del modello renano, l’economia sociale di mercato propugnata dall’Ordoliberalismo, secondo il quale il libero funzionamento del mercato richiede l’intervento dello Stato. Di qui il principio della Mitbestimmung, della codecisione che coinvolge i rappresentanti dei lavoratori nella gestione delle imprese.

Nel 1989, la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre offre –caso raro nella storia- una seconda chance ai tedeschi. Sconfitti e divisi nel 1945, i tedeschi recuperano l’unità nel 1990 e la utilizzano al meglio. Il divario tra Ovest ed Est si riduce, l’integrazione tra le due parti fa grandi passi in avanti e con le riforme Hartz del governo rossoverde Schroder , l’economia tedesca cessa di essere il grande malato d’Europa e ne diventa  la locomotiva. Queste riforme non puntano sulla precarietà del lavoro, quanto sulla sua mobilità interna e sulla formazione dei lavoratori.

Italia e Germania hanno conosciuto nel dopoguerra lunghe fasi collaborazione politica , economica e culturale. Si pensi all’intesa tra Adenauer e De Gasperi nella costruzione della CEE o a quella tra due uomini di sinistra come Brandt e Berlinguer a cavallo degli anni  Settanta e Ottanta. Tuttavia, con l’ascesa di Berlusconi al potere, comincia una fase di progressiva incomprensione e distacco, dannosa per i due Paesi, ma anche per l’Europa tutta, essendo Germania e Italia fondatori e sino a qualche tempo fa convintamente europeisti. Non si tratta tanto di battere i pugni sul tavolo o di propugnare un’alleanza dei Paesi dell’Europa del Sud con la Francia in funzione antitedesca quanto di cancellare finalmente il peccato originale : la nascita di una moneta -l’euro- senza sovrano, senza cioè l’autorità politica che ne giustifica la nascita e la persistenza. A questo punto, l’Europa deve coraggiosamente andare avanti, realizzare una più forte integrazione economica e politica. Quindi occorre chiedersi non cosa fare contro la Germania, ma cosa fare assieme alla Germania  e agli altri Paesi per cambiare l’Europa. In questo quadro, la presenza di una larga coalizione in Germania con CDU e SPD va nella giusta direzione. Occorre una  Costituzione economica dell’Europa, che, come previsto dal Trattato di Lisbona, ”si adoperi per uno sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”(p.254).

Si ritorna  a parlare  negli ultimi tempi  di Keynes.  Romano Prodi parla dell’opportunità per l’Europa di affidarsi a un “sano keynesismo”, Matteo Renzi ha fatto riferimento a “una grande politica keynesiana da 150 miliardi di investimenti”. Vi ha accennato anche il Governatore della Banca d’Italia nelle Considerazioni finali di qualche giorno fa. Riforma delle Istituzioni europee e riforma della politica economica dell’Europa sono quanto mai collegate e urgenti. Lo stimolante saggio di Angelo Bolaffi spiega che è possibile costruire questo fondamentale Progetto assieme alla Germania, non contro di essa.

                       Giovanni Battafarano

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TARANTO PIAZZA DELLA VITTORIA 25 APRILE 2014

28 Aprile 2014

l 25 aprile 1945, si concludeva vittoriosamente la Resistenza, con la caduta del fascismo e la liberazione dall’occupazione tedesca. Attraverso venti mesi di un duro conflitto, l’Italia poteva riscattarsi dagli anni bui  della dittatura e si avviava a ritornare nel consesso delle nazioni libere e democratiche. Tanti i protagonisti di quella straordinaria stagione. I partigiani, spesso giovani o giovanissimi,  presero le armi per riscattare l’onore dell’Italia e molti di loro sacrificarono la vita, come ci ricordano le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. Erano, i partigiani, di diverse idee. C’erano le brigate Garibaldi e Matteotti della sinistra; le brigate di Giustizia e Libertà; le brigate Osoppo dei cattolici democratici; quelle dei badogliani e dei monarchici. Divisi sull’idea di futuro, essi, tuttavia, erano uniti nella volontà di liberare l’Italia. C’erano le staffette partigiane, giovani donne che rischiavano la vita per portare messaggi o materiale informativo. Tra di loro ricordiamo almeno Nilde Iotti e Tina Anselmi, che avranno un ruolo di primo piano nella democrazia repubblicana.

I militari del ricostituito esercito italiano combatterono con onore a fianco degli alleati; tanti sacrificarono la vita, ricordiamo fra tutti i martiri di Cefalonia; gli IMI, i 600mila militari internati italiani, che rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò e furono imprigionati nei campi di concentramento tedeschi, dai quali 200mila di loro non fecero più ritorno. C’è stata anche la Resistenza non armata: i contadini, che protessero e nutrirono i partigiani; i sacerdoti cattolici che salvarono numerosi cittadini ebrei; i tanti che in modo diverso contribuirono alla liberazione dal fascismo. La Resistenza quindi è stata un grande moto di popolo, che non va mai ristretta a fini di parte. Si è svolta prevalentemente al Centro Nord, ma ha preso le mosse al Sud. Matera fu la prima città italiana a ribellarsi all’occupazione straniera nel settembre 1943 e pagò la sua scelta di libertà con una strage; l’inizio di una lunga scia di stragi, da Marzabotto, a Sant’Anna di Stazzema, a Boves e tante altre, che accompagnò la ritirata dei nazifascisti. Con le successive Quattro Giornate del 28 settembre-1 ottobre,  Napoli fu la prima città italiana a liberarsi dall’occupazione straniera. Tanti sono stati, poi, i partigiani e i militari meridionali che hanno combattuto al Nord e spesso hanno sacrificato la vita.

Anche la nostra città ha dato un contributo prezioso alla Resistenza e alla Guerra di Liberazione. Ricordiamo tra i protagonisti più noti Pietro Pandiani, il comandante Piero, ricordato con affetto da Enzo Biagi, che fu suo collaboratore nella Resistenza emiliana; il colonnello dei Carabinieri Ugo De Carolis, tarantino d’adozione, ufficiale di collegamento con la Resistenza romana, catturato dai tedeschi e trucidato alle Fosse Ardeatine, cui Taranto ha intitolato la Caserma dei Carabinieri, una scuola media e una strada; Giacomo Bonifazi e Osvaldo Simonetti, partigiani al Nord e successivamente presidenti dell’ANPI Taranto.

Ai caduti tarantini, è dedicata la lapide a Palazzo di Città affissa dalla Giunta Municipale il 25 aprile 1947. Se scorriamo i  nomi, rintracciamo le loro storie: operai, artigiani, professionisti. Morti lontano dalle loro case, ma nel cuore dell’Italia.

Nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione, si gettarono le basi della nuova Italia. In soli quattro anni, tra l’8 settembre 1943 e fine dicembre 1947, l’Italia cambiò profondamente: si liberò dalla dittatura fascista e dall’occupazione straniera, scelse la Repubblica, diede il voto alle donne; adottò la Costituzione più bella del mondo, fondata sul lavoro, la libertà, la coesione sociale e nazionale, la tutela della cultura e del paesaggio, il ripudio della guerra.

Dobbiamo oggi recuperare quell’afflato unitario che ha permesso ai nostri padri di rinnovare l’Italia; contrastare le spinte diffuse all’egoismo di gruppo e di territorio, all’intolleranza e al razzismo. Questo positivo afflato unitario serve anche alla nostra città, che attraversa una difficile transizione e  vuole ritrovare con forza la sua identità e la sua funzione nell’Italia e nell’Europa di oggi.

Celebrare  il 25 aprile non è quindi un semplice volgere lo sguardo all’indietro; semmai un voler rintracciare nelle radici della Repubblica le risorse politiche e morali necessarie per realizzare una nuova stagione di riforme e di crescita, di libertà e di solidarietà per la nostra Italia.

Giovanni Battafarano

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Lavoro, libertà e diritti: dalle lotte per la liberazione all’Unione Europea

12 Aprile 2014

In ricordo del 70° anniversario della Resistenza e della Liberazione dell’Italia (1943-45) e il 40° anniversario della Rivoluzione dei Garofani in Portogallo (1974)

un incontro-dibattito insieme al professor Anselmo Luis dos Santos (direttore del  “Centro di Studi Sindacali e di Economia del Lavoro” – CESIT) e Hugo Dias (sociologo portoghese).

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Tesseramento ANPI Taranto

2 Aprile 2014

Rilevamento dati tesseramento ANPI Taranto  al 31 marzo
  • TARANTO 66 iscritti
  • MASSAFRA 57
  • MONTEMESOLA 14
  • STATTE   7
                                                         Totale 144
 Il prossimo aggiornamento sarà al 31 maggio
   Cordiali saluti Giovanni Battafarano