In margine al convegno su Vito Forleo – Taranto 5 febbraio 2015.

2 Aprile 2015 Nessun commento »

Il bibliotecario e la sua ombra
Roberto Nistri

 A cinquant’anni dalla sua scomparsa, Vito Forleo, il  nostro maggiore scrittore municipale e indimenticato direttore della Civica Biblioteca “Acclavio”, per una volta è stato onorato come si conviene, in una città che purtroppo ha perso il filo della propria identità storica. Si sono registrati convegni di buon livello e soprattutto hanno trovato adeguata ristampa le sue opere, da tempo non facilmente reperibili: I giorni di Diogene Saturnino del 1904, Taranto dove la trovo del 1929 e una più completa riedizione dei Poemetti Municipali, già curati da Aldo Perrone e dal Gruppo Taranto.

Tornare ad ascoltare la voce dell’Autore, a seguire la traccia della sua penna fino all’ultimo inchiostro, quando le ali sono ancora gonfie di vento. E’ tale il più autentico omaggio alla scrittura: uno scrigno, quello di Forleo, che forse cela ancora preziosi segreti. Un classico, cioè un letterato di prima classe. Le sue paginette sono ancora offerte speciali,  aquiloni che ogni tanto ritornano dagli  intermundia,  per insaporire le nostre povere scritture.

Custode della memoria, del tesoro più vulnerabile e aggredibile,  Vito Forleo è stato il più significativo autore  del primo Novecento tarantino.  Uno spirito folletto, un inattuale per scelta, un  Ufo, un oggetto letterario non facilmente identificabile.  Come cifra stilistica, non amiamo l’onda lunga dei superlativi e l’eroicizzazione postuma di un nobile autore, come tanti impigliato nelle pastoie della più greve provincia meridionale. Conosceva il suo destino e se ne fece una ragione. Diventa ciò che sei, era il primo comandamento dell’amato Nietzsche.  Mai un cedimento, fino alla fine della strada: Vivre sa vie (Questa è la mia vita).

Laureato in Legge, seguiva la sua vocazione di uomo-libro, gestendo in maniera ineccepibile la civica Biblioteca Acclavio: la Biblioteca del mare, con quelle tre finestre che Sandro Viola avrebbe ricordato con nostalgia. Con puntigliosità maniacale l’austero don Vito riempiva i cestini di minute cartacee da inviare giorno dopo giorno al Municipio, per arricchire la dotazione della Acclaviana. Ma  In quelle stanze Forleo avrebbe scritto dell’Arcivescovo Capecelatro, dei Giardini del Peripato, di Choderlos de Laclos, di Paisiello, di Raimondello Orsini, del brigante Pizzichicchio e dei portentosi pesci di Taranto… Le pagine di Taranto dove la trovo racchiudono il libretto d’oro d’un  grande erudito foderato di poesia.

Forleo scrisse pochissimo. Perché era un pigrone o perché aveva altro per la testa. A chi doveva rendere conto? Non era un personaggio popolare e non aveva nessuna intenzione di esserlo.  Per i suoi concittadini era un inclassificabile,  un romantico  catafratto nella Biblioteca o nella sua celletta monacale zeppa di carte,  al  terzo piano, mentre “le rondini saettavano pazze di calore, nel cielo nostro d’oriental rubino”.  Un  atopos avrebbero detto i greci, un fuori posto ( per qualche tarantino,  uno “spostato”) che ogni tanto lasciava cadere una perla di scrittura da conservare nella biblioteca celeste della tarentinità.

Il gentiluomo solitario era anche un uomo scisso, consapevole dell’impossibilità di essere veramente se stesso. Del resto,  il secolo che si apriva, apparteneva a  Marinetti, non a Forleo. Il  misconosciuto campione del decadentismo europeo, era disposto a parlare solo con la sua ombra, il  Doppelganger (colui che cammina al suo fianco).  Il “doppio” di don Vito era il compagno segreto  di sempre: quel Diogene Saturnino del suo capolavoro giovanile ,  il dandy  che poteva solo portare in giro la sua noia, con la sigaretta incenerita sulla bocca: “un fiume di libidine cui mancava  la foce di una cocotte, una amante da scegliersi in un pacco di cartoline illustrate, dai contorni indecisi come una polluzione notturna. Le idee si intorbidavano, mentre un lombrosiano esegeta predicava il Sinite parvulos, sottintendendo una tendenza pederastica del Redentore”.

Con il suo  Diogene Saturnino ,  Forleo si era  sbattezzato e ribattezzato in onore del primo anticonformista della filosofia, distruttore delle convenzioni sociali e derisore coriaceo e blasfemo.  Il “nato sotto il pianeta oscuro”, secondo il dettato aristotelico, abbracciava  melanconia e genialità, era un accidioso che,  di fronte all’oggetto desiderato,  fuggiva quando stava per raggiungerlo, desideroso di abbracciare l’inafferrabile, il fantasma o il fantoccio della libertà.  L’homo melanconicus poteva riscattare la sua insania solo nella creatività,  desiderando il desiderio,  amando la germinazione,  lasciandola scorrere nel non finito ,  nell’incompletezza di una  immagine allo stato nascente.

Seduto al solito tavolino, coccolando il suo spleen,  Saturnino scriveva ad un destinatario per sempre sconosciuto.  Il cappellaccio prendeva le forme di un pipistrello mostruoso. Becchi di gas, mossi dal vento e battuti dalla pioggia, formavano nella lontananza una specie di costellazione piangente. Una ragazzina satanica gli chiedeva petulante cosa volesse  dire la parola si-fi-li-de, e lui la rassicurava : “ una nuova marca di cioccolata”.  Era il gioco del trickster, del dio briccone, un po’ clown e un po’ furfante. L’armatura della maschera   dissimulava,  con aristocratico riserbo, il volto dell’inviolabile.

Il Venerdì Santo era stato alleviato nel cavo di una mano inguantata. Il giorno di Pasqua,   Saturnino si addormentava fra le strofe di Baudelaire, con voglia di un’arma da fuoco,  pronto a schiaffeggiare la prima marionetta digerente che augurasse buone feste. Fuggi  il  “Mostro Viscido”, la “ maledetta Provincia”, se non vuoi bruciarti le cervella. Al massimo si potrebbe organizzare un Cenacolo: alla Presidenza lo scheletro di un brigante, nel cui cranio, forato da una pallottola, poter  inserire una lampadina.

Si gira e rigira sulla parsimonia scritturale di Forleo. Perché non accettare che lui aveva altro a cui pensare? Faceva buchi nei sogni e non doveva render conto a nessuno. Neanche ai trombettieri del Duce e ai postulanti in cerca di medaglie a buon mercato. Come il Bartebly  di Melville, sulla corazza del garbato ma implacabile “Preferisco di no”, doveva scivolare ogni offerta di complicità o compromissione.   Forleo era il Resistente per eccellenza.

Il flaneur inseguiva  il non consumato,  nell’inevitabile commercio con gli spettri. Solo seguendo questa traccia è possibile sciogliere una aporia: voler scrivere qualcosa che facesse tremare il mondo e  finire come un anacoreta,  baciando  la polvere dei libri. Quella era la duplicità del dandy superomista,  che non si schiodava dal Caffè ai Due Mari,  riconciliato con Taranto ma non con i tarantini.

Nel cinema si poteva  ben fumare, spiando le complici braci nel tremolìo della magica lanterna. “Il Sahara! Il Sahara! “Seguire sulla sabbia le orme di Marlene Dietrich che seguiva le orme di Gary Cooper. Suprema ironia: l’unico esotico viaggio del  bibliotecario doveva ridursi ad una striminzita villeggiatura  a Rocca Forzata, ai confini della realtà, con l’uso di una sola modesta stanzetta. Magari in contemplazione di “ una luna con la faccia di una cuoca inebetita”.  L’aura della pauperistica micragna di Forleo rimaneva un topos ricorrente, come quello dei quattro gatti al funerale.

Si conserva  la bella lezione di un liber’uomo, che non avrà scritto molto, ma che non ha mai dovuto pentirsi per un biglietto compiacente o servile.  Come l’antico Diogene aveva allontanato Alessandro dalla sua botte, così l’armatura di Forleo non veniva mai  scalfita dalle lusinghe degli ominicchi e dei mezzi uomini.  Ha seguìto il suo daimon, è riuscito a non essere come gli altri.

Apprezzava solo i santi volatili, quelli capaci di lievitare . Con immutato spirito di leggerezza , Forleo scompariva in una calda notte d’estate, il 27 agosto 1964. Salutando i quattro gatti, il Saturnino non poteva mancare al  rendez-vous .

Aveva scritto:  “Io voglio volare e volerò. E sarà in una sera di agosto, stracarica di stelle”!

La donna nasce donna

5 Marzo 2015 Nessun commento »

Lo SPI-CGIL coordinamento donne di Massafra e l’Associazione Nazionale Partigiani

d’Italia sezione di Massafra, in occasione della festa della donna 2015, venerdì 6 marzo alle

ore 18:00, presso i locali della CGIL di Massafra, in via Pisacane 92 presenteranno l’evento

“LA DONNA NASCE DONNA”. Continua a leggere: La donna nasce donna

Il castello dei destini ermetici

3 Marzo 2015 Nessun commento »

Roberto Nistri

       In una sequenza del film Django unchained  di Quentin Tarantino, uno schiavista del Mississippi faceva sbranare dai suoi cani un negro che aveva denominato D’Artagnan. Un bounty killer commentava che Alessandro Dumas non avrebbe certamente tollerato una simile nefandezza: discendeva anche lui da una schiava dei Caraibi. Suo padre era un autentico “vendicatore nero”, il protagonista in carne ed ossa del grande romanzo Il Conte di Montecristo. Poche battute di un Tarantino “doc” indicano  la pista di un cavaliere senza macchia e senza paura,  che doveva finire i suoi giorni nella città bimare, come l’altro generale  napoleonico, il ben noto Laclos. Ormai è acclarato che  il padre di Alexandre Dumas fosse il “vero” Conte di Montecristo, nato ad Haiti nel 1762,  figlio del marchese Davy de la Paletterie  e di una schiava registrata come Dumas.

Antoine Alexandre venne dal padre condotto a Parigi, distinguendosi per la prepotente bellezza e per la sua abilità di spadaccino.  Nel fatidico Ottantanove   entrava nell’esercito come sergente, mentre a Santo Domingo gli schiavi venivano affrancati dalle catene.  Il giacobino si spogliava dei titoli nobiliari, cambiava il nome in Alex Dumas e sposava la figlia di un albergatore.

Per meriti militari diventava colonnello e poi generale, nella campagna in Italia. La sua crescente popolarità faceva ombra allo stesso Napoleone, malamente sconfitto  da Nelson sul Nilo. Il vascello che doveva riportare in patria il generale Dumas, naufragava e il condottiero  (forse accompagnato dalla sua ombra : il filosofo Dolomieu)  veniva catturato dai feroci  sanfedisti che avevano consegnato il sud Italia ai Borbone. Dumas finiva scaraventato in una segreta e abbandonato da Napoleone al suo triste destino: doveva morire di stenti. Continua a leggere: Il castello dei destini ermetici

Report tesseramento

3 Marzo 2015 Nessun commento »

pubblichiamo il rapporto sul tesseramento aggiornato al 28 febbraio 2015

TARANTO 90 tessere
MASSAFRA 58 tessere

totale 148 tessere

Nel vortice

9 Febbraio 2015 Nessun commento »

di Roberto Nistri

  Il 27 gennaio 1945, lungo la pianura innevata, si vedevano avanzare i carri dell’Armata Rossa.  I sovietici spalancavano i cancelli di Auschwitz, simbolo per eccellenza dei campi di sterminio . Iniziava l’interminabile  conta dei sommersi e dei salvati. Fra i sopravvissuti: ebrei ma anche deportati politici, testimoni di Geova, portatori di handicap, omosessuali, zingari  (sinti e rom). Il 28 gennaio 2015 a Taranto veniva conferita la medaglia d’onore a Vittorio Caroli per aver mantenuto fede al proprio giuramento durante la deportazione.  Continua a leggere: Nel vortice

GIORNATA DELLA MEMORIA 2015

26 Gennaio 2015 Nessun commento »

La memoria è fondamentale per ricordare da dove veniamo, da quali prove siamo passati; con  quali brutture e atrocità i nostri padri, nonni, avi hanno dovuto misurarsi; quali sono stati i nostri eroi o  anche le donne e gli uomini comuni che nella loro vita hanno fatto prevalere le ragioni dell’umanità e della libertà. La memoria non è solo sguardo rivolto al passato, ma anche impegnata milizia nel presente affinché i valori democratici alla base della nostra convivenza siano ogni giorno salvaguardati e consolidati, specie quando, come oggi, sono in discussione. Ero in Parlamento quando nel 2.000 fu istituita la giornata della Memoria. Ricordo l’emozione che ci avvinceva, consapevoli, come eravamo, che stavamo compiendo un atto di grande valore simbolico, democratico, civile, etico. Occorreva ricordare quanti erano stati oggetto di persecuzioni e deportazioni e massacri: ebrei, rom e sinti, omosessuali, disabili, deportati per motivi politici, partigiani e militari. Auschwitz rappresentava il punto più alto dell’abiezione di un regime folle e sanguinario.

Oggi, a settant’anni di distanza, con protagonisti diversi, occorre amaramente prendere atto che tanti di quei fantasmi sono ancora tra noi. Fondamentalisti islamisti uccidono barbaramente giornalisti e vignettisti di un giornale satirico parigino; nelle stesse ore un altro massacro si perpetra in un supermercato ebraico; da vari anni l’antisemitismo ritorna feroce e spietato in varie parti d’Europa, specie in Francia, dove vive la più grande comunità ebraica europea; Boko Haram, organizzazione terroristica islamista, conduce, con disumana crudeltà, stragi di cristiani e musulmani non islamisti nella Nigeria settentrionale; i cristiani vengono perseguitati  ed espulsi in Medio Oriente e in Pakistan; il califfato islamista tra Siria e Iraq rappresenta un nemico mortale non solo dell’Occidente, ma anche di qualsivoglia forma di civile convivenza.

Celebrare la Giornata della Memoria nel 2015, perciò, richiede non solo il doveroso commosso ricordo delle vittime innocenti. Voglio anche ricordare che quest’anno cade il centenario del massacro degli armeni ad opera dei turchi ottomani, il primo genocidio del ventesimo secolo. Occorre anche battersi affinché le forze della sopraffazione e della violenza non abbiano il sopravvento. E’ stato bello vedere tanti capi di stato e di governo marciare insieme a Parigi qualche domenica fa. L’importante oggi è non sbagliare bersaglio, non confondere un miliardo e mezzo di musulmani con il fondamentalismo islamista; combattere senza tregua ogni forma di antisemitismo e di discriminazione razziale; impegnarsi affinché finalmente si pervenga ad accordo tra israeliani e palestinesi. Personalmente non amo il dileggio della fede religiosa, qualunque essa sia. La battaglia per la libertà e  la pacifica convivenza tra popoli e religioni diverse, senza scontri di civiltà, sarà tanto più efficace quanto più l’Occidente si asterrà dall’imporre le sue leggi, le sue idee, i suoi interessi.

Come si vede, parlando del Giorno della Memoria 2015, mi sono più soffermato sui fatti di oggi che sulle vicende del passato. Ma forse è meglio così.

Giovanni Battafarano Presidente ANPI TARANTO

Taranto e il suo trickster

7 Gennaio 2015 Nessun commento »

Senza il vento della storia

5 Gennaio 2015 Nessun commento »


Nell’era del cambiamento, è più efficace chiudersi a riccio o, come la volpe, adattarsi alle varie situazioni o fornire le diverse risposte dicendo, comunque sempre la verità? E’ il quesito che Franco Cassano pone alla sinistra nel suo “Senza il vento della storia- La sinistra nell’era del cambiamento”, Bari, Laterza, 2014.

Se la sinistra vuol essere fedele ai propri valori, non può limitarsi a guardare ad un modello di insediamento sociale che non c’è più. Oggi il confronto-scontro politico non si inscrive più solo secondo la vecchia dicotomia capitale lavoro, destra sinistra. Terminata la contrapposizione USA URSS, balzano o tornano prepotentemente alla ribalta nuove “cleavages”, nuove linee di frattura nazionali, etniche, religiose, tipo fondamentalismo islamico versus Occidente. Con tali contraddizioni occorre misurarsi, nella consapevolezza che esse determinano divisioni anche nel mondo del lavoro, tradizionale insediamento sociale della sinistra.

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Quanto capitalismo può sopportare la democrazia?

2 Gennaio 2015 Nessun commento »

Quanto capitalismo può sopportare il sistema democratico? E’ il tema di fondo dell’evento editoriale dell’anno, (THOMAS PIKETTY, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano, 2014). Piketty, giovane economista francese, lodato da due Premi Nobel per l’economia come Stiglitz e Krugman,  prende in esame il tema della disuguaglianza  nel corso degli ultimi due secoli, analizzando i dati di archivio, a partire da quelli di Francia e  Regno Unito, ma attingendo anche alla grande letteratura del primo Ottocento.

Senza la pretesa di dar conto del contenuto di un libro di oltre 900 pagine, approfondiamo  il filo conduttore dell’imponente ricerca. Nella prima metà del XIX secolo, il peso dell’eredità nella ricchezza prevale di gran lunga rispetto anche al più qualificato reddito da lavoro. In Papà Goriot di Balzac, Vautrin consiglia al giovane ambizioso Rastignac di sposare la ricca ereditiera Victorine piuttosto che puntare alla carriera di avvocato. La ricchezza dell’epoca è essenzialmente rendita fondiaria e titoli di Stato, si rivaluta annualmente del 5% , è alimentata anche dagli attivi coloniali e può contare su una tassazione inesistente o comunque molto bassa. La crescita della disuguaglianza si mantiene per tutto il secolo XIX  e il primo decennio del  secolo successivo: l’Europa, in particolare Francia e Regno Unito, costituiscono l’area maggiore della disuguaglianza, mentre gli Stati Uniti, dove l’incidenza delle eredità è meno forte, rimangono più fedeli ai valori egualitari dei Padri Fondatori. Continua a leggere: Quanto capitalismo può sopportare la democrazia?

Sicurezza del lavoro e politiche attive del lavoro alla competenza dello Stato

20 Dicembre 2014 Nessun commento »

E’ all’esame della Camera il Disegno di legge costituzionale che riguarda la struttura del Senato e la riforma del titolo V, che attiene ai poteri delle Regioni e ai rapporti tra Stato e Regioni. In questa sede, non voglio entrare nell’esame del complesso della riforma costituzionale, ma soffermarmi in particolare su un aspetto specifico. Il testo approvato in Commissione Affari costituzionali, ora al’esame dell’aula di Montecitorio, prevede che le materie tutela e sicurezza del lavoro e politiche attive del lavoro  tornino alla competenza esclusiva dello Stato. Considero questa modifica oltremodo positiva, alla luce anche dell’esperienza degli ultimi quindici anni. Ricordo che nel 2001, quando la riforma del titolo V era all’esame del Senato, mi battei, insieme con i colleghi della Commissione Lavoro, affinché la tutela e sicurezza del lavoro restasse nella competenza esclusiva dello Stato. La motivazione era semplice e logica: in nessun modo si poteva prevedere, a livello territoriale, una differenziazione della tutela del bene prezioso dell’integrità della persona lavoratrice/lavoratore. Tuttavia, nel 2001 un certo estremismo regionalista ed anche una sorta di subalternità di fronte allo stesso erano moneta corrente. Per farla breve, la materia tutela e sicurezza del lavoro passò alla competenza concorrente di Stato e Regione, mentre la materia politiche attive divenne competenza esclusiva delle Regioni. In questo quindicennio, l’esperienza della legislazione concorrente ha determinato un perenne contenzioso tra Stato e Regioni presso la Corte Costituzionale; l’innamoramento regionalista si è abbastanza raffreddato, anche in relazione al proliferare di scandali in materia di uso disinvolto del denaro pubblico in materia di rimborso spese. Anzi oggi il problema è separare l’Istituzione Regione dal cattivo uso che taluni ne hanno fatto. Il clima cambiato spiega il superamento della legislazione concorrente, il ritorno dello Stato nelle materie tutela e sicurezza del lavoro e politiche attive del lavoro nel progetto di riforma costituzionale.

Nei principali Paesi europei, le politiche attive sono di competenza dello Stato. In Germania, gli operatori dei servizi per l’impiego sono oltre 100 mila, contro i circa 10 mila dell’Italia, una parte dei quali precari. Anche l’Inghilterra dispone di efficaci politiche attive del lavoro. Il Jobs Act prevede la realizzazione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione, che dovrebbe realizzare una più adeguata saldatura tra politiche attive del lavoro e politiche passive, cioè la concessione dei sussidi di disoccupazione di competenza dell’INPS. La modifica costituzionale insomma rientra in un cambio di impostazione della strategia per la crescita dell’occupazione, che è senz’altro il principale obiettivo su cui la politica deve oggi impegnarsi.

Naturalmente, trattandosi di una riforma costituzionale, l’iter parlamentare è appena agli inizi. Tuttavia, se il progetto andrà in porto, il nuovo assetto istituzionale in materia di lavoro potrà contribuire ad una politica più efficace. Poi occorreranno adeguate politiche industriali e un Piano di investimenti pubblici e privati. Ma questo è un altro discorso.

Giovanni Battafarano  Segretario Generale  Associazione Lavoro&Welfare